sabato 30 novembre 2013

Un Cineforum che è la fine del mondo!


E anche le allucinazioni sono finite. Ma ora il gioco si fa duro, è tempo di parlare di fine del mondo. Ma non come la immaginiamo noi, una roba da drammi e pathos, come se fosse uscita da un film degli anni novanta di Roland Emmerich. Negli ultimi tre anni sono apparsi film atipici per il genere, l'apocalisse per la prima volta viene tratta con toni ironici, grotteschi, anche la tragedia nel disaster movie americano si disincanta. Benvenuti nel mese dei film sulla fine del Mondo! 

TakeShelter! 1.0:The World’s End, di Edgar Wright. AUDIO: ENG SUB: ITA (ovvero GLI ALIENI)
Edgar Wright: Shaun of the dead, Hot Fuzz, Scott Pilgrim. Basterebbe il curriculum come presentazione. Questo film riporta la combriccola inglese, cioè quel magico trio che è il regista più Simon Pegg e Nick Frost alle atmosfere dello sci-fi grottesco che aveva caratterizzato i primi anni delle loro carriere, cioè il telefilm Spaced, primo cavoloro di ironia.
Cinque amici si riuniscono dopo vent’anni per ritentare l’impresa: riuscire a bere in tutti i pub di Newton Heaven, cittadina inglese fin troppo tranquilla. Quello che per dei buoni venti minuti sembra essere una normale commedia con un gran copione e bravi attori si trasforma in un delirio fantascientifico. I cinque dovranno bere, ubriacarsi, lottare come in un fumetto americano, per un semplice scopo: salvare il mondo. Terzo capitolo della trilogia del cornetto (per altre informazioni clicca qui ), il film di Wright non è solo intrattenimento, ma un’acuta analisi di una società moderna destinata all’imbruttimento dei comportamenti umani. Epilogo geniale, e un film che riesce a tenere uniti una certa innocenza spielberghiana con una comicità che se ne sta tra Douglas Adams e i Monty Python.  Nel cast, oltre ai sempre grandi Simon Pegg e Nick Frost, uno degli attori inglesi di maggior successo negli ultimi anni, Martin Freeman, il Bilbo di The Hobbit, il Watson di Sherlock. Che poi l’idolo rimane Simon Pegg, sempre (guardate quante cose sa fare).

TakeShelter! 2.0 : It’s a Disaster, di Todd Berger. AUDIO: ENG SUB: ITA (ovvero LA GUERRA ATOMICA)
Film passato in sordina tra critica e pubblico, peccato. It’s a Disaster è una bella prova  del talentuoso Berger, che riunisce un cast di buoni attori ( un continuo e imperterrito “l’ho già visto quel tipo”), su tutti David Cross (proprio, il Tobias di Arrested Development ), America Ferrera (Ugly Betty), Julie Stiles (Silver Linings Playbook) e li piazza nel tipico brunch tra amici trentenni della borghesia americana. Un attimo di silenzio per Julia Stiles, classica attrice del tipo “ma non era in quel film, quello noiosissiomo di ragazze emancipate. o in quel’altro high school americano!”
Dal nulla l’apocalisse, la guerra atomica. Costretti a passare le ultime ore insieme, gli invitati mostreranno le proprie nevrosi, paure e cattiverie. E’ un film diretto con semplicità, ma scritto egregiamente. Dialoghi dall’ironia studiata, comicità mai da crepapelle ma che fa rimanere il sorriso stampato per tutto il film. Una via di mezzo tra la noir comedy e una riuscita commedia di Woody Allen. Nonostante il fallimento al botteghino ( e a noi ci piacciono i distastri) è un film che si è portato a casa qualche premio: best screenplay al BendFilm Festival 2012, Audience Award  for Best Picture al New Orleans Festival 2012.
TakeShelter! 3.0: This is the end, di Seth Rogen e Evan Goldberg AUDIO ENG SUB: ITA (ovvero L’APOCALISSE, QUELLA VERA) 
Se c’è un film da mettere sul podio trai migliori del 2013 allora This is the end ci sta tutto. Diretto da uno dei grandi talenti della scuola comica della nuova Hollywood, This is the end è un pupurry di stelle più o meno grandi (c’è davvero di tutto, da James Franco a Michael Cera, da Rihanna a Jonah Hill, Jason Siegel, Emma Watson…) che si ritrovano ad interpretare la loro stessa vita privata, fatta di festini e droghe, che ad un tratto viene interrotta dall’arrivo del… Diavolo. Già, agli Americani l’apocalisse piace al punto tale che Rogen ha avuto la malsana idea di scrivere e dirigere una commedia demenziale in un contesto che più tragico di un’apocalisse biblica non si potrebbe immaginare. Imperdibile per gli amanti della commedia americana, roba scritta così bene e stupidamente divertente non se ne vedeva da tempo.
Presso l'associazione culturale Soundlab, Via Sante Vincenzi 2/A; ingresso gratuito con tessera (3 euro).


martedì 26 novembre 2013

Phinx, intervista con Alberto Paolini


Immaginate di trovarvi in una baita su in montagna, è l'alba e il silenzio e la solitudine riempono lo spazio e il tempo fino ad acquisire un senso quasi sovrumano, tutto appare fermo nell'universo, man mano lentamente avvertite dei suoni nascere, scoppiare proprio lì a due passi da voi, l'ignoto attorno ed un immenso senso di pace. E' questo il motivo che pervade l'ultimo lavoro creativo dei Phinx "Holtzar", un'opera caratterizzata da un'aura mistica: un album ideato in una baita di montagna e poi registrato in casa, garage, in giardino ed in altre svariate locations. Le composizioni sono caratterizzate da suoni campionati dalla natura: cicale, rami, rocce ed altro appaiono nelle composizioni finemente elaborate... Il titolo stesso "Holtzar" può voler dire "ascoltare gli alberi" in cimbro, un idioma di discendenza germanica parlato ormai da quella che oggi è rimasta una stretta minoranza linguistica in veneto e trentino. Inoltre, in molti brani si è scelto di ricorrere all'utilizzo di strumenti musicali indiani, tutti accuratamente riverberati e distorti durante le registrazioni. Il disco nel suo complesso unisce  suoni digitali ed analogici creando sequenze molto articolate, delle quali si può godere pienamente solo dopo un attento ascolto.
Alcune tracce dell'album sono fatte in collaborazione con artisti tra cui: Ekat Bork, Bologna violenta, Reanimation squad e Spano.



Alberto Paolini (percussionista del gruppo), mi parla dell'esperienza artistica della sua band sin dai tempi delle loro prime esibizioni in parrocchia grazie all'aiuto di un parroco di Bassano del Grappa, del primo album, delle collaborazioni, dei concerti e dell'ultimissimo "Holtzar" il disco uscito quest'anno con la IRMA records elaborato in questa baita e rielaborato da capo dopo aver perso le tracce registrate... ne viene fuori una brillante chiacchierata da bar e la seguente intervista:

Alberto, prima di iniziare vorrei chiederti di fornire qualche cenno biografico riguardo la band.

La band con questa formazione nasce nel 2007. In precedenza, i fondatori Francesco e Pietro, avevano iniziato già due anni prima. Nel 2007 usciva l' EP "Bunker". In seguito ci siamo assestati con l'attuale composizione del gruppo e così ebbe inizio il percorso che ci portò alla pubblicazione del primo album "Login" e poi di "Holtzar" uscito quest'anno. "Holtzar" è stato concepito nel 2011 in una baita di montagna sull' altopiano di asiago, è stato proprio lì che sono nate le prime sonorità sulle quali abbiamo successivamente lavorato.

Cosa è cambiato musicalmente parlando dagli inizi ad arrivare fino ad oggi?

Diciamo che col tempo è nata la voglia di destrutturare, sperimentare e quindi di non imporsi più dei paletti stilistici come nel disco precedente. Ci siamo sentiti liberi di poter andare ad istinto, ricercare nuove timbriche ed in qualche modo non avvertirne nessuna pressione.

Cosa c'è da dire riguardo quest'ultimo album?

Esiste un fatto peculiare di cui vale la pena parlare: finché eravamo in questa baita nel 2011 abbiamo scritto circa cinque pezzi quasi completi, purtroppo poi si è rotto l'hard disc e tutto ciò che c'era rimasto era solamente qualche abbozzo; nel momento in cui ci siamo successivamente messi a riscrivere e a registrare i progetti, abbiamo deciso di cambiare totalmente e di iniziare a percorrere una nuova direzione artistica, in questo senso Ministry of fog è stato uno dei pezzi che ci ha fatto visualizzare la strada da prendere, abbiamo quindi iniziato a campionare i suoni della natura e delle situazioni che ci circondavano. Inoltre, la nostra idea era di rendere le parti digitali distaccate da quelle analogiche, dove le prime sono dotate di maggiore precisione chirurgica e le seconde sono caratterizzate dal calore della mano. Uno dei pezzi che è rimasto quasi del tutto intatto dopo la nostra esperienza ad asiago è il primo del disco: Hoarn de Holtzar, il quale è stato registrato successivamente in una diversa chiave, elaborandola con dei campionamenti e suoni di synth.

Hai detto prima che alcuni titoli delle canzoni sono in Cimbro...

Alcuni titoli delle canzoni sono in Cimbro, una lingua parlata fino ad una generazione fa nei sette comuni di asiago, l'idea era quella di rendere in modo vivido l'immaginario boschivo ed il senso di appartenenza alle montagne. Vivere a Bassano non può che farti guardare alle montagne e questi termini rendono meglio la nostra realtà.

Ed invece riguardo le diverse collaborazioni nel disco?

Si tratta di persone che abbiamo conosciuto durante il nostro percorso anche a livello personale. La traccia Not for animals è stata fatta con la partecipazione di Ekat Bork uscita poco tempo fa con il suo disco "Veramellious", noi volevamo un pezzo dove cantasse lei, quindi le abbiamo affidato la traccia più "house" del disco e lei se l'è cavata alla grande! In Kubla Khan le rime sono state affidate alla crew Reanimation squad, dei ragazzi che fanno hip hop di Bassano del Grappa , una collaborazione quindi avvenuta con estrema naturalezza. C'è Bologna violenta, avevamo sentito vari suoi lavori sia quando collaborava con il teatro degli orrori che prima, lo volevamo assolutamente con i violini nella canzone Trolls  per la quale lui è riuscito a trovare degli arrangiamenti perfetti. Infine Spano trombettista di Rovigo che vive a Venezia, in Pach Un Khnottn un pezzo studiato per far perdere la concezione del tempo all'ascoltatore, lui è stato utilissimo in questo.

Progetti futuri della band?

Una cosa di cui stiamo parlando è di organizzare una tournèe in Europa a partire dalla fine di Marzo 2014, ne siamo molto fiduciosi e speriamo che si possa realizzare. Quest'anno, abbiamo ancora tre date a Dicembre, a Prato al capanno Blackout l'undici, poi saremo a Civitavecchia al Balaclava il tredici ed infine il quattordici a Sarno. Da Gennaio a Marzo continueremo a portare il disco sui palchi italiani.

Qualcosa da dire agli ascoltatori?

Beh, visto che noi siamo molto fissati con i suoni, consiglio di approfondire il punto di vista qualitativo, utilizzando dei buoni supporti per l'ascolto in modo da valorizzare la vasta gamma di effetti acustici presenti nella musica e nel nostro disco. Infine, andare ai concerti con l'idea e lo spirito di trovare una sorpresa senza essere troppo prevenuti.

Grazie Alberto, un saluto!
Grazie, alla prossima.


La band è composta da:
Francesco Fabris: vocals, analog synths, piano, bass, guitars, other instruments
Alberto Paolini: drums, percussions, backing vocals
Daniele Fabris: analog synths, sequencers
Pietro Secco: bass, analog synths, backing vocals

                                      A cura di antonio Oliviero




venerdì 22 novembre 2013

Izzy and the catastrophics

A lifelong mission


Alle volte dà piacere pensare che tutti noi al mondo abbiamo una missione da compiere o una funzione da svolgere, magari per poter poi dire alla fine che tutto sommato Dio non ci ha ingannati. Se si parla di Izzy and the catastrophics si può dire che loro, come i blues brothers, una missione da portare a termine l'hanno trovata: riscattare le orecchie di tutto mondo dal rumore che le attanaglia e glorificare quella musica con la quale sono cresciuti, restituendole nuova ninfa vitale carica allo stesso tempo di tradizione e slancio avanguardistico, con una immancabile dose di follia tipica del rock vecchio stile.
Mescolando insieme Rock n' Roll, Jazz, Swing, Country e Folk Izzy and the catastrophics riescono a creare un cocktail esplosivo: "Il nostro retaggio musicale? prendi le radici della musica americana, aggiungi budella e sudore, ed ecco un elegante cocktail con l'ombrellino"-spiega il leaderband Izzy.
La band è composta da un'insieme di veterani della scena country-folk-rockabilly, tra cui: Izzy Zaidman (voce e chitarra), Chapman Sowash (trombone), Emiliano Vernizzi (sassofono), Gaspar (batteria) e Lucas Warford (contrabbasso), insomma, una line up vincente.
Izzy e i suoi ragazzi sono attualmente in tour per l'Italia con una lunga serie di date passando da Pordenone, Treviso, Rimini, Cremona, Como, Roma, Mantova e molte altre, per poi tornare negli USA.
Ho avuto modo di fare due chiacchiere con Izzy eccentrico front-man e chitarrista del gruppo presso gli studi di SoundLab a Bologna:

Izzy, che cosa c'è da dire riguardo la band?
Siamo insieme da circa quattro anni, di solito dico che ciò che suoniamo è un miscuglio tra Jazz anni '20 e Rock n' roll anni '50, ma la verità è che suoniamo qualunque cosa ci vada di suonare, l'importante è fare buona musica perciò spesso sperimentiamo cose diverse dal nostro genere, magari anche heavy metal. Questo gruppo è per me come una "all-star" band composta dal meglio del meglio delle nostre line up che spesso cambiano.
E' la nostra quarta volta in Italia e amiamo venire qui, essendo il paese di Emiliano il nostro sassofonista. Ci piace un pò tutto qua, il cibo, le ragazze fottutamente belle, prosecco ovunque.... Sò che spesso gli Italiani si lamentano, ma sotto un altro aspetto siete molto fortunati.

Ho sentito dire che avete una missione da compiere, ovvero una crociata per "sanare le orecchie non affrancate del pubblico attraverso il vostro retaggio musicale" cosa vuol dire?
Un sacco di persone mi pongono la classica domanda: "perché suoni questo tipo di musica? E' superata, retrò, vecchia ecc.", io non l'ho mai vista in questo modo poiché non ho la sensazione di suonare musica "vintage", questa è semplicemente la musica con la quale sono cresciuto. Mi piace pensare di venire da un luogo che conserva una grande eredità musicale, gospel, blues, rock e cosi via e quando avverti un legame con questa tradizione hai il desiderio di portarla avanti il più possibile. Molte band al giorno d'oggi suonano semplicemente ciò che imparano a suonare senza un puro sentimento per ciò che fanno.
Ogni volta che suoniamo dal vivo non lavoriamo quasi mai con una setlist, quando entriamo nel locale vediamo com'è l'ambiente e di cosa la gente ha bisogno di sentire, così spaziamo dal jazz-swing, al country lento, alle volte anche al metal, quindi non sai mai cosa vai a sentire... L'essere bravi musicisti consiste pure nel sapersi relazionare bene con lo spirito degli spettatori anche di diverso genere e non ancorarsi sempre allo stesso stile musicale.

Quali sono i vostri progetti futuri?
Bene, ci sono due registrazioni che stiamo finendo proprio in questo periodo, la prima riguarda del materiale Honky Tonk, e l'altra più che altro sul Traditional Jazz, inoltre, faremo delle registrazioni live e un dvd dei concerti mentre siamo qui in Italia. A Roma incontreremo Antonio Sergentoni, un tipo molto rockabilly con il quale speriamo di tirar fuori una bella esibizione. Una volta tornati negli States continueremo ad esibirci quà e là...

Le date del tour si possono trovare sul sito: http://www.izzyandthecatastrophics.com/index.php .

Un Saluto e a presto
A.O.



mercoledì 20 novembre 2013

Concerto Mark Lanegan e Duke Garwood, Teatro Duse Bologna 18 Novembre 2013



Dopo il successo di "Blues Funeral" del 2012, Mark Lanegan e il suo compare prediletto, il poli-strumentista Duke Garwood, sono tornati sulla a scena al teatro Duse di Bologna per proporre la loro ultima fatica creativa, l'album "Black Pudding" pubblicato con la Heavenly records, lo spettacolo ha registrato il tutto esaurito.
L'artista di Ellensburg è senz'altro un personaggio che non ha bisogno di presentazioni, ex-frontman degli screaming trees, ha spesso collaborato con personalità di spicco tra cui Layne Stanley, Dave Grohl, Isobel Campbell, Mike Johnson, Greg Dulli e chi più ne ha più ne metta. Da vero veterano del Rock, Mark si presenta sul palco del Duse con la band in un'atmosfera oscura e fumosa che gentilmente si fonde col suono baritonale della sua voce capace di penetrare nelle viscere e scuoterle da dentro e con i delicati echi strumentali di chitarra, basso, sax, violino e violoncello perfettamente eseguiti, fino a trasportare lo spettatore in una dimensione onirica con canzoni come "When your number isn't up", "Driver", "War Memorial", "Mescalito" ed anche "Pretty Colors" cover di Frank Sinatra. L'ascoltatore riemerge poi dal sogno quando sente pezzi più attivi come "Gravedigger's song" e le varie cover tra cui "Mack the Knife" di Brecht, "Satellite of Love" di Lou Reed e "You only live twice" di Nancy Sinatra contenute nell'ultimissimo album "Imitations", finemente riproposte con raffinati arpeggi e un tono cupo. Ad assisterlo musicalmente nell'album è Duke Garwood, un vichingo che con la sua abilità sia con  il sax che con la chitarra propone un sound elegante e si conferma ancora una volta in perfetta affinità con Mark.
Lanegan e compagni confermano di essere umili servitori della musica, salendo sul palco senza spiccicare nemmeno una parola, senza provare ad apparire simpatici, senza fronzoli (a parte la giacca radical chic e gli occhialoni alquanto hipster di Mark), ma semplicemente suonando egregiamente con grande precisione sinfonica. Alla fine il pubblico torna a casa pienamente soddisfatto, avendo potuto apprezzare il concerto di un cattivo del Rock che mostra il suo lato più sensibile e complesso, nella affascinante cornice di un teatro.
Alla prossima!                                                                                
Antonio Oliviero.

lunedì 18 novembre 2013

Basta!


Parole in libertà con Gian Marco Basta


"Finché c'è il gioco c'è il dialogo, quando si diventa seri si diventa adulti e questo a me non interessa"

Quest'oggi avrei piacere di parlarvi del signor Gian Marco Basta, un personaggio da me incontrato un pomeriggio quasi per caso nel nostro studio di registrazione. Ebbene, dopo due chiacchiere, data la grossa mole di cose che aveva da raccontare, abbiamo deciso di accendere il registratore e di buttar giù un'intervista, o per meglio dire, prendendo spunto dai poeti futuristi: una lunga serie di "parole in libertà".
Ciò che ne è venuto fuori è il ritratto di un'artista proteiforme ma anche dotato di una genuina semplicità, una personalità che sin dal primo impatto appare essere un bel connubio tra una vitale spensieratezza e l'amara malinconia tipica del dopo-sbronza, sempre rimanendo ironico e giocoso ma di tanto in tanto anche cinico...
Nella sua esperienza artistica Gian Marco Basta ha sperimentato diversi linguaggi, attraverso la scrittura poetica ed il teatro, il suo passaggio alla canzone è avvenuto in modo spontaneo. Una cosa che senz'altro risulta evidente nelle sue esibizioni è la voglia di dialogare, interagire, confrontarsi con gli spettatori, quasi a voler giocare, proprio sul celebre modello teatrale inglese delle plays del periodo shakespeariano dove il pubblico prendeva parte nelle scene recitate. Gian Marco si definisce un Bonimenteur, un intrattenitore che nelle sue performance alterna monologhi a canzoni fino a rendere la sua opera una sorta di ibrido creativo. I personaggi e le vicende raccontate nelle sue canzoni prendono vita sulla scena e la scena è quella di una Bologna da vivere, un variopinto bouquet di strade affollate, bar, piazze, musica, cani come coperte, ragazze erasmus e molto altro...Spesso le vicende narrate, seppur rese con uno stile comico, racchiudono un elemento drammatico che risulta evidente solo attraverso un attento ascolto delle parole e che alle volte ha un ché di metafisico, questa è un'altra particolarità di cui mi parla l'artista.
I modelli a cui più si ispira sono quelli della scuola cabarettista-cantautorale Milanese del periodo "tosto" tra gli '50 e '60, predilegendo personaggi come Dario Fò, Cocchi Renato, Felice Andreasi e I Gufi, ma sopratutto Enzo Jannacci un'artista capace di cogliere nelle sue canzoni la tragi-comicità degli eventi quotidiani con proposizioni semplici e geniali.
Il modo di proporsi sulla scena di Gian Marco è stato definito come una forma di "follia strutturata", ovvero, inizialmente ha l'aria di essere un'impulsiva improvvisazione folle per poi riacquisire dopo una serie di giri una forma organica e coerente. Le sue esibizioni sono spesso accompagnate da pianoforte e contrabbasso, senza affacciarsi all'idea di avere una band fissa, ma piuttosto una serie di libere collaborazioni in amicizia con diversi artisti, tra cui Luca Mazzamurro, Riccardo Paradoz, Francesco Guarino, Silvio Perfetti e molti altri, questo per creare un'atmosfera calda e coinvolgente. I locali bolognesi più frequentati dal Signor Basta sono il Take Five in via Cartoleria, l'Alto Tasso in piazza San Francesco e la Vereda in via De Poeti dove organizzerà varie jam sessions.
Il suo primo album registrato in studio intitolato "Teatrino di Basta" uscirà il 21 Dicembre ed è composto da nove tracce.
Qui di seguito riporto il singolo del disco "Cane di Piazza San Francesco" e la brillante intervista rilasciata qualche giorno fà:


                                          

                                         


Un saluto,
                                                                                                                          Antonio Oliviero


















mercoledì 13 novembre 2013

Un laboratorio tra realtà ed illusione...

Allucinazioni

Tra realtà ed illusione non è sempre facile tracciare una linea di confine, poichè non si può essere così sicuri riguardo al dove-quando inizia una e finisce l'altra. Alle volte a rendere più complicata la faccenda si aggiungono intrecci tra mondi paralleli, perdite di soggettività, mostri tentacolari, viaggi che partono da prima della nascita per arrivare a dopo la morte, l'improvviso dilatarsi della coscienza, fino a precipitare nel più caotico dei vortici extra-sensoriali, talvolta riemergere con una visione universale del tutto o magari perdersi per non più ritornare.

La Premiata Videoteca Vincenzi (a cura dello Studio Soundlab e Clouds Factory), al suo secondo mese di vita, vi propone un mese dedicato alle allucinazioni, un laboratorio didattico di incontro e scambio di opinioni ed esperienze.
A presentare il progetto sono Tea Campus e Diego De Angelis, due luminari in materia!

Trip Advisor:
10/11 “John Dies at the End”
17/11 “Gonzo: Life and Legend of Hunter S. Thompson”
24/11 “Enter The Void”

Se c’è un medium che può farci percepire anche solo per un attimo la vivida sensazione di un allucinazione quello, senza dubbio, è il Cinema.
Quanti registi nella storia hanno saputo trasmigrare le loro percezioni del mondo su pellicola? Basterebbe citare gli oscuri presagi dei registi espressionisti, i corridoi mentali affollati di incubi di David Lynch, le spettacolari avventure di Terry Gilliam. Il Cinema può essere allucinato in modi e stilemi sempre diversi, ed è questo che a noi interessa mostrarvi, cioè lo sguardo a 360 gradi di una tematica così “cinematografica.” Per questo abbiamo scelto tre film che apparentemente sembrano così diversi tra loro. “John Dies at the End” di Don Coscarelli, con la scusa di una droga chiamata “salsa di soia”, svela la realtà dietro la finzione della… realtà. Una visione estrema del mondo, dove una droga ti libera la mente, ti fa vedere dimensioni parallele confondersi, lo spazio tempo sciogliersi sotto i propri occhi.
Il documentario su Hunter S. Thompson, “Gonzo”, è una obbligata lezione su un giornalista/scrittore che ha  reso pop-culture l’assunzione di lsd e mescalina. Dietro al creatore di Paura e Delirio a Las Vegas c’è la vita di un geniale pazzoide ed il film di Alex Gibney ne è un’interessante retrospettiva.
Per concludere, Enter the Void, nei suoi 143 minuti, si presenta come un vero e proprio viaggione: il racconto della coscienza del protagonista post-mortem, un trip in una Tokyo ultraterrena. Gaspar Noè ci costringe a viverlo come se fosse in prima persona, con una costante soggettiva, con fotografia e montaggio ispirati agli effetti della lisergia.


Ma facciamo un passo indietro. Voi sapete cos’è la Premiata Videoteca Vincenzi, vero?
E’ un’idea nata nell’interesse di dare la possibilità a tutta la comunità cinefila bolognese di sconfiggere la monotonia domenicale, con l’aiuto del cinema di qualità, preferibilmente recente e sfuggito dalle grinfie del mainstream. Il battesimo è stato un mese dedicato al Punk e derivati (“Good Vibrations”, “Joe Strummer: the future is unwritten”, “24 Hour Party People” e “American Hardcore”), e quello di dicembre è in lavorazione.
E’ gratuito ed abbiamo le patatine in busta. Sì, è tutto vero, non è un’ allucinazione.


Gli incontri si terranno presso lo studio di Soundlab in Via Sante Vincenzi 2/A le domeniche 10,17 e 24 del mese di Novembre. 
(tessera annuale di iscrizione 3 euro)

mercoledì 6 novembre 2013

Rossella Cosentino: Accordare il corpo e la voce allo scopo del canto e del teatro

IL CORPO È LA VOCE
                              
    Laboratorio di canto

   con Rossella Cosentino
                                      in collaborazione con Renato Miritello
“Accordare il corpo allo scopo del canto e del teatro, recuperando il senso vero, profondo (non meccanicistico) della postura eretta, della respirazione e del loro rapporto, che possono restituirci la pienezza del nostro essere umani, oltre che cantanti”. (Antonio Juvarra)


Rossella Cosentino nata a Maratea in Basilicata, è una cantante ed autrice laureata al DAMS presso l’Università degli studi di Bologna; ha studiato canto moderno con la docente Luisa Cottifogli, antropologia vocale con Germana Giannini, tecniche del canto difonico con il maestro vietnamita Tran Quang Hai e polifonia del canto Afro-Europeo con Anita Daulne. Inoltre, ha seguito il seminario di Matteo Belli “Suonare la Voce” (alta formazione FNAS- AGIS ) e la I° Master Class di Foniatria Artistica teorico-pratica “Fisiologia e percezione del canto” tenuto dal Prof. Dott. Franco Fussi.  E’ al momento impegnata in diverse collaborazioni e produzioni teatrali e musicali. Attualmente è la vocalist del gruppo Induo Voiceyjazz, un progetto originale partito dai Cafè della città di Bruxelles, viaggiando attraverso la Germania e l’Italia. La loro musica al momento viene trasmessa negli USA (California, Massachusetts, New Mexico e New York), grazie allo Smooth Jazz Radio e Tv Channel.  Ha inoltre collaborato con il compositore Arturo Annecchino nello spettacolo musicale Mid Piano. Ha prodotto colonne sonore per cortometraggi, film-documentari e perfomance teatrali, tra cui “Rent Boys” Voci dalla strada, documentario prodotto dalla Cooperativa Dedalus di Napoli  e “Price is Rice”, un film-documentario realizzato in Bangladesh sull’ artigianato femminile da Ludovica De Feo e Riccardo Casiccia, progetto sostenuto da Intesa San Paolo.

I generi che predilige sono quindi il Jazz, lo Swing, il Blues, il Soul  per arrivare all’Afrojazz e la musica etnica, sempre proponendo soluzioni ritmiche molto interessanti ed una sperimentazione melodica particolarmente creativa ed innovativa. Le sue collaborazioni discografiche più significative sono: “Mystic Roots” (2007/IRMA records) con il  gruppo reggae Amsterdam Street Knowledge; “The Great Tribute to Amy Winehouse”(2012/Saarecords) ; “Unplugged Lounge” (2012/Saarecords) e “Esosphere” del gruppo Green Lab.

Induo VoiceyJazz "You go to my head" (Billie Holiday)

Videoclip di "Mamma Tizzune"

Videoclip di "Undecided" con Marco Berti


     TECNICHE DI APPRENDIMENTO

         La respirazione e gli stati respiratori
      Addominale, costo-diaframmatico, pettorale, misto
      La respirazione globale
         Tecniche di rilassamento e auto-posturazione
      Le tensioni del corpo e l’emissione libera della voce
         Timbri e colori della voce
      I risonatori
         Improvvisazione vocale
      Sperimentazione della polifonia e poliritmia africana
         Antropologia vocale
          Incontro con Reanato Miritello: ricercatore e sperimentatore di vocalità, performer di canto armonico, improvvisazione, esplorazione delle possibilità espressive della propria voce.

Il laboratorio ti aiuterà a rilassare il corpo e ad allentare le tensioni per ottenere una emissione libera della voce.

Il laboratorio è uno spazio di confronto ed un momento per sperimentare
insieme :
●   Lo studio e l'uso della voce a partire da quelle che sono le problematiche connesse al corpo.

       Sviluppare l’ascolto di se stessi e dei suoni possibili della propria voce.


        Sperimentare un ensemble vocale in cui il canto diventi un’esperienza viva attraverso il coinvolgimento del corpo.

        Prendere coscienza delle possibilità espressive del canto.


Il laboratorio è aperto non solo ai cantanti ma a chiunque voglia dedicarsi ad un’ esperienza di esplorazione e conoscenza dello strumento voce 


Laboratorio a cadenza settimanale per un totale di 4 lezioni di 3 ore ciascuna nello spazio dello Studio SoundLab, via Sante Vincenzi 2/A 40138 Bologna


Info e contatti:
346-2340991;
051-4127810;


cosentino.rossella@virgilio.it